Negli ultimi decenni il call center, inteso come Outsourcing è diventato un modello di business consolidato.

Le grandi aziende possono affidare parte delle attività del proprio business a partner esperti nel settore della comunicazione e dedicare/ricollocare in questo modo le proprie risorse umane ad attività strategiche e “core” per il proprio business.

D’altra parte il call center, per natura multimandatario, deve garantire ai committenti la giusta flessibilità e capacità di riuscire a reagire in tempo reale alle variazioni di contatto che il mercato impone e che è legato alle diverse campagne promozionali, stagionalità, eventi, o altre variabili non sempre predicibili: i così detti picchi di volume.

A questa si aggiunge una sempre minore marginalità delle commesse, che obbliga tutte le figure manageriali di un call center a sviluppare sofisticate skills di workforce managment e cioè la capacità di trovare il giusto dimensionamento che permetta di gestire i contatti da parte dei clienti in modo efficace e professionale, senza però perdere mai di vista i costi operativi, evitando cioè il fenomeno di “over-staffing” che porterebbe inevitabilmente alla riduzione dei margini già poco generosi.

Proprio la variabilità ed impredicibilità dei volumi sia in ingresso che in uscita e la continua ricerca di miglioramento e saving operativo ha portato da diversi anni alla introduzione di modelli di lavoro sempre più flessibili e capaci di poter garantire la giusta duttilità nel rispetto dei livelli di servizio contrattualizzati.

Tra questi il tele-lavoro e la sua evoluzione, lo smartworking, è senza dubbio uno dei principali metodi più utilizzati dalle aziende di outsourcing in quanto permette di creare un gruppo di “agenti virtuali”, operanti quindi tipicamente da casa, che possono essere ingaggiati nel periodo di aumento di volume e che sono in grado, grazie alla loro professionalità, di fare la differenza nella gestione dei picchi e permettendo altresì di coprire fasce orarie di servizio tipicamente scomodi per chi è costretto a muoversi ogni giorno per recarsi sul luogo di lavoro.

Proviamo di seguito ad analizzare alcuni dei principali aspetti dello smartworking applicato ad un call center per delineare vantaggi, svantaggi, minacce ed opportunità introdotte da questo nuovo modo di fare lavoro.

E’ evidente come i vantaggi e svantaggi dell’applicazione dello smartworking nei call center siano di fatto comuni a quelli già noti nel mondo del lavoro agile applicato a qualsiasi tipologia di business: riduzione dei costi, flessibilità, soddisfazione personale e relativo aumento di performance per quanto riguarda i vantaggi; carenti modelli di controllo e coordinamento dati dalla ridotta esperienza in questa modalità per quanto concerne invece gli svantaggi.

L’ ambito opportunità offre invece interessanti spunti specifici per le aziende di outsourcing e può realmente fare la differenza tra un picco di volume gestito con precisione chirurgica e uno che porta alla frustrazione ed il mancato raggiungimento dei livelli minimi di servizio.

La flessibilità indotta da un modello di smartworking permette infatti di coprire fasce orarie tipicamente utilizzate per gli spostamenti, garantendo un servizio sempre pronto a rispondere alle esigenze dei clienti.

Tali esigenze possono inoltre essere gestite da personale specializzato, caratterizzato anche da talenti esperti che per esigenze personali o distanza dalla sede operativa non potrebbero erogare le proprie prestazioni.

Ma la modalità di fruizione dello smartworking per un contact center non è limitata al lavoro da remoto: “utilizzo di strumenti tecnologici adeguati e basati su tecnologie mobile, può fornire quel grado di elasticità che permetta ad esempio di gestire un picco di lavorazione al“interno delle stessa sede lavorativa, realizzando aree di lavoro temporanee che non necessitano quindi di un investimento preventivo.

Nel comparto delle minacce prendono infine posto due categorie di tematiche: la prima legate ancora una volta alla “incapacità di gestione” dovuta ad una ridotta esperienza e sviluppo di soft skills manageriali sulle quali un programma di smartworking non può prescindere ed una serie di punti legati prevalentemente alle tecnologie e quanto queste siano realmente progettate e pronte a supportare in maniera efficace il modello di smartworking, offrendo la possibilità di misurare efficacemente gli obiettivi raggiunti e garantendo un alto livello di servizio attraverso modelli (harware/software) realmente pensati allo svolgimento delle prestazioni in luoghi che non sempre coincidono con l’abitazione: dopotutto questa è una delle principali differenze che distingue lo smartworking dal vecchio modello di tele-lavoro.

E’ chiaro quindi che lo smartworking sia un potenziale modello che ben si sposa con le esigenze di un call center e la sua introduzione è solitamente facilitata grazie alla diffusione di applicativi che sempre più sono pensati per l’esecuzione da remoto, sfruttando le potenzialità e la diffusione del web. Il modello di valutazione applicato dai committenti basato sul rispetto degli SLA di servizio possono essere con qualche accortezza ridistribuiti sul personale mediante una attenta progettazione dei KPI che permetteranno da una parte il controllo da parte dei supervisori, dall’altra una corretta del concetto di meritocrazia e valorizzazione dei talenti.

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Giuseppe Arduino

Informatico per natura (e cognome), ingegnere per studio e commerciale per vocazione, aiuto le aziende a concentrarsi sul proprio business attraverso la filiera tecnologica Nextip e le soluzioni di smartworking dedicate al mondo dei contact center. Ogni settimana condivido risorse e webinar sul nostro canale Telegram: Nextip2010